martedì 2 dicembre 2014

Meglio arrivare morto

portatelo a maiasienu
fatilo parrari
portatilu a maiasienu
l'hamu a scannari

'zu Totò, come dice vossia, quello che dice vossia per noi è comandamento.

Oggi si travagghia, è una giornata di marzo troppo bella, don Piddu Panno ha già portato gli uomini in campagna, ora scende dalla traversa. Sta guidando.
Le cose per ora gli girano bene, le cose gli stanno girando per il verso giusto. 'U curliunisi si sta allargando assai, con il suo permesso vengono fatte raffinerie di troca ovunque, pigghiano la cosa grezza e con l'acito la fanno diventare a cristalli, poi la macinano, eroina pure al 97%.  Sono piccioli assai, non si babbia. Ma a don Piddu la troca non ci piace. Sempre lo dice, nel mio territorio troca niente, ammazzatine sì, per tutti quelli che ci scassanu i cugghiuna, ma troca mai, sino a che sono vivo io. E la raffineria invece ce la misero sotto il cuscino dove dorme.
Ammazzamulu 'u curliunisi, subito, riunione.
A Casteldaccia una sera che è scuro si vedono macchine che mai si erano viste, i paesani conoscono targa e matricola di ogni macchina in circolazione. Queste non sono di qua. E sono importanti. Pure blindate. Si capisce.
A Casteldaccia c'è riunione.
C'è Stefanuccio.
C'è Totò.
C'è Mimmo.
C'è 'u catanisi. Nitto Santapaola.
Tutti d'accordo sono, tutti d'accordo sembrano.
Buonanottata a tutti, quello che va fatto sarà fatto.

In questa bella giornata di marzo che è giorno undici, don Piddu Panno scende dalla traversa di Casteldaccia e gli alberi di limoni sono rigogliosi, belle pampine verde: questa è annata buona.
Buona per lui e buona per tutto il paese: per coltivare i giardini ci vogliono piante, il sole, la mia acqua.
Don Piddu Panno scende e pensa che tutto qui è sotto il suo controllo, un mandamento pacifico e virtuoso, rapporti buoni con tutti, figliocci che mostrano tanta devozione. Devotissimi.
Certo qualche scassamento di minchia non manca. Si chiama Nino ' u merdaiolo, ma ora lo chiamano prosecuto – latitante -, per me, pensa don Piddu, merdaiolo nacque e merdaiolo resta.

Nino 'u merdaiolo ha ammazzato un carabiniere, Orazio Costantino, cose di estorsioni che Costantino decise che i soldi glieli portava lui, Nino lo vide e Nino ci sparò. E muriu Costantino. E lui fu condannato all'ergastolo.
Don Piddu le estorsioni non gli piacciono, ma questo non riesce a levarselo dai coglioni.
Vive tra le montagne, sotto la protezione dei bagheresi: favori in cambio di protezione, così funziona.
Qualcuno, per fare capire chi è, lo chiama “killer dei bagheresi”.
Meglio prosecutu.
Quando non c'è lavoro da fare lui gira montagne montagne, a Rannino. E di sera qualche volta rientra a casa, da sua moglie, per dormire tranquillo. Al mattino sveglia presto e si mette la tonaca. Pare un monaco vero, nessuno lo riconosce.
Nino è furbo.

C'è vento per ora in provincia di Palermo, prima l'aria tirava dalla città verso fuori, ora no, il vento tira da Corleone, si sente, si capisce – c'è puzza di stalla e di tumazzu.
In città tanti hanno capito che l'aria di Corleone è la migliore, quella che assicura la sopravvivenza. Tanti hanno cambiato religione. Basta accollarsi qualche sacrificio per dimostrare di essere sinceri. Basta ammazzare il capo.

Due dei figliocci di don Piddu Panno di meteorologia se ne intendono, soprattutto di rosa dei venti.
Uno è Cesare Peppuccio Manzella. L'altro è Pietro Martorana 'u malufigghiu.
Uno lavorava alla Fiat, l'altro fa sbancamenti, ha i camion.
Tutt'è due devono fare la consegna ai bagheresi di questo che vorrebbe attentare allo zio Totò.
Queste cose non si fanno.
Così ha detto lo zio Totò quando ha saputo del complotto.
Lo zio Totò ha informato i bagheresi, sono amici cari, carissimi, hanno fatto la scelta giusta.
Organizzano tutto loro.

Marzo del 1981, giorno undici, bella mattinata che don Piddu Panno guarda la campagna e se ne pria, bell'annata.
Le cose girano. Girano per il verso giusto.
Sta scendendo dalla traversa.
Due per strada lo fermano.
Don Piddu li conosce.
Talè cu c'è, e voi qua che ci fate.
Sono Cesare Peppuccio Manzella e Pietro Martorana.
I me figghiuozzi, pensa don Piddu, mi posso fidare.
Zzù Piddu, ci faccia entrare.
A bello cuore, dice don Piddu Panno mentre gli apre gli sportelli del suo furgone.
Don Piddu sorride.
Poi vede altri due che si infilano nel furgone.
Che ci fanno questi due insieme a Peppuccio e a Pietro?
Questi due che si infilano sono Nino Parisi e suo fratello Giusto.
Belli spicchi. Gli spicchi fradici dell'arancia toccata dalla mosca che cade per terra prima di arrivare a maturazione.
Don Piddu capisce tutto. Non sorride più.
Qualcuno lo ha tradito.
Stefano, Totò, Mimmo, Nitto.
Sicuramente 'u catanisi.
Lo fanno togliere dal posto guida, lo fanno sedere dietro.
Don Piddu capisce, questi ora mi portano a Bagheria, alla fabbrica del ferro, mi faranno sedere su una sedia, attaccato. E mi interrogheranno.
Mi daranno timpulate a sfasciarmi la faccia.
E poi mi metteranno la corda al collo.
Così si fa, don Piddu queste cose le conosce bene.
E poi mi squaglieranno nell'acido. Bastano cinquanta litri,un fusto, e macari un fuoco sotto, che l'acido riscaldato fa il suo lavoro prima. Restano solo le piombature dei denti.
Queste cose don Piddu le conosce, le sa benissimo.
Don Piddu prende la decisione più grande di tutta la sua vita.
Mai don Piddu si era trovato davanti a circostanze di questo tipo. Decidere della vita degli altri è facile, basta dire sì o basta dire no.
Basta aprire la bocca e dare la risposta.
Tante volte don Piddu ha detto sì, ammazzamulu, questo è una chiattidda attaccata ai cugghiuna.
Don Piddu decide che alla fabbrica del ferro deve arrivare morto.
I morti non li attaccano alle sedie.
Ai morti timpulate non se ne danno.
I morti non c'è bisogno di strangolarli.
Don Piddu si agita e fa come un pazzo.
Lo devono tenere fermo, l'obiettivo è consegnarlo vivo,  ma don Piddu non è cosa che puoi calmare, don Piddu sa che si deve agitare, assai, come una tempesta, come il diluvio universale.


Alla ICRE le domande rimasero senza risposta, senza soddisfazione.

Giorgio D'Amato

martedì 14 ottobre 2014

70 anni fa veniva ammazzato Andrea Raia

Aspettai le 3 e mezza in punto per incontrarmi con mia cognata. Avevamo studiato quest'orario qualche tempo prima, quando i nostri mariti s'arriposano e io e lei possiamo parlare senza dare nell'occhio. Bussai alla sua persiana e subito arrivò una risposta dall'altro lato.

Maria? Tu si? Entra entra!
Entrai e non c'era manco mezza cosa fuori posto in quel salotto. Tutto sempre in ordine e pulito, come Vito comanda. Ci sedemmo nelle sedie, impazienti di confrontarci sugli ultimi avvenimenti del nostro paese.

Perciò,hai sentito di quel Raia?
Ma chi, il sindacalista?
Se se, gran cosa inutile. 
Che è cosa inutile lo so pure io. Sempre a controllare gli affari del grano, mai na volta che si fa i cazzi sua. Nessuno lo poteva vedere, infatti manco al funerale ci sono andata. 
E manco io, quel fango a me e mio marito poteva aspettare! Qui si soffre la fame, e lui polemizzava per chi aveva meno e chi più. Noi tutto quello che abbiamo ce lo siamo guadagnato.
'Ca certo! I nostri mariti sono grandi lavoratori. E si permette di fare polemica anche su di noi!
Non mi stupisce che qualcuno gli abbia sparato, ma a quanto pare non fu per questo!
Come no? Ma che dici?
Ho sentito dalla zia Nina che fu perché sua moglie ripagava certi favori in certi modi...
Ma che mi vieni a dire? Buttana è?
Buttana è dire poco! Un po' con tutti. Pure il maestro si portava a casa mentre suo marito era ad abbaiare al vento. E ho sentito che manco la vesta nera si sa tenere. Manco un giorno dopo il funerale che c'andò un altro comunista come a suo marito e ne uscì la mattina dopo! Sicuramente qualcuno la voleva sua e lui era una camurria da togliere.

Di come certe donne fanno certe cose, io non lo riesco a capire. Ma i mariti ci colpano. Mio marito mi sa tenere e se mi dice qualcosa, io subito la faccio. Che si tratta di lavare una camicia sporca di sangue o di nascondere una lupara. Ora che ci penso...

Angela, ma mi venne un vuoto di memoria. Quando fu ammazzato questo?

'Na simana fa. Il 5 Agosto.

Mi venne magari un vuoto nel cuore. Proprio la mattina del 6 Agosto mio marito mi chiese di nascondere la lupara nell'armadio, dove solo io guardavo, ma non mi permisi di chiedere perché. Io lo onoro. Lo ricordo perché fu una mattinata di gran caldo. Lo scirocco non smise di soffiare nemmeno un secondo.

Angela, ma dimmi un'altra cosa. Non è che tuo marito la sera del 3 Agosto se ne andò con il mio e con alcuni del Comitato Comunale per risolvere una faccenda?
Biiì, e come me lo ricordo? Mi pare di sì però...
Angela... Ma che lavoro fanno i nostri mariti?

Magari mi guardò con occhi di ghiaccio per quello che avevo chiesto. Come se mi fossi messa dalla parte del torto.
Non lo so e non lo voglio sapere. Ma quello che fanno lo fanno per noi. Il mese scorso il doppio dei soldi ci portarono a casa, e io non glielo chiedo perché non mi interessa. E nemmeno tu dovresti,intesi?
Intesi.

Quelle parole suonarono nella mia mente come quattri colpi di lupara, quelli che uccisero Andrea Raia.

Antonio Mineo



«Solo un anno dopo lo sbarco alleato, Raia era la prima vittima di quella violenta e sanguinosa battaglia che, in nome del progresso sociale e dell'emancipazione delle masse contadine dell'isola, avrebbe visto per un ventennio cadere politici e sindacalisti sotto i colpi di un potente e coeso blocco sociale violento e reazionario sostenuto dalla mafia; battaglia di cui la strage di Portella della Ginestra avrebbe rappresentato uno dei momenti più drammatici» (M. Patti, La Sicilia e gli alleati )

Per saperne di più: http://casteldacciapuntodoc.blogspot.it/2014/02/andrea-raia-e-i-granai-del-popolo.html

mercoledì 16 luglio 2014

Rosalia Pipitone - Patate a sfincione

Stavo pelando le patate per farle a "sfincione” per mio genero, il marito di figlia, mischino ha perso la madre da piccolo e e le patate in questo modo non gliele cucina nessuno. Lo avevamo invitato a casa nostra per il suo compleanno, 23 Settembre. Con tutti gli anni che mi ritrovo, preparare questi piatti è diventato un gioco. A cena saremmo stati mia figlia, lui e il figlio piccolo, Tano, come il nonno. Mio marito era andato a pescare, come quasi tutti gli uomini della Arenella. Avevo finito di sbucciare le patate, mi andai a lavare le mani e nell'attesa che si asciugassero accesi la televisione. Vedo la faccia di uno che conoscevo, morto qualche anno prima. 

mercoledì 9 luglio 2014

Omicidio Alfano

Ha pensieri grossi assai Beppe, così pesanti che neanche il sangue del corpo di Cristo della messa di Natale, quella di mezzanotte, riesce a  distoglierlo dall’altro sangue, quello vero, quello delle mattanze di mafia che viene transustanziato impietosamente su strade, vicoli e fondachi.
Ha pensieri grossi assai Beppe, in via Trento al civico 42, seduto alla scrivania dove cerca di mettere ordine tra i suoi appunti: viene raggiunto da tre proiettili calibro 22, il 26 gennaio 1979, davanti alla sua casa di Palermo, il giornalista Mario Francese; Palermo, 3 settembre 1982, strage di via Carini, muoiono il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente della scorta Domenico Russo.

mercoledì 2 luglio 2014

Sei motivi per cui conviene essere mafioso

1-Uomini d’onore: chi fa parte dell’organizzazione è “uomo d’onore”, diventa Uomo, con la u maiuscola. Dopo il giuramento, farai parte di una famiglia che ti vorrà bene e ti proteggerà fino alla morte. Certo, ogni tanto qualcuno parla…

mercoledì 25 giugno 2014

Mafia e pallone. Omicidio di Andrés Escobar: ucciso per un autogol

"Per favore, cerchiamo di essere rispettosi… Un abbraccio forte a tutti, è stata un’esperienza fenomenale, strana, che non avevo mai sentito in vita mia. A presto, perché la vita non finisce qui”, Andrés Escobar, El Tiempo (editoriale scritto il 29 giugno e pubblicato il 3 luglio 1994, un giorno dopo la sua morte)

L'autogol di Escobar nella partita contro gli USA



Los Angeles (Pasadena), Rose Bowl stadium, 22 giugno 1994. Si gioca Colombia – USA davanti a più di novantatremila spettatori sugli spalti. In palio c'è l'accesso agli ottavi di finale dei Mondiali. E' il 35' del primo tempo: il centrocampista statunitense John Harkes, si libera sulla fascia sinistra e improvvisa un cross basso nel cuore dell’area colombiana. La difesa dei "Los Cafeteros (soprannome dei calciatori colombiani) – letteralmente chi fa o beve il caffé" è leggermente sbilanciata, il pallone arriva al centro dell'area dove il difensore Andrés Escobar, impaurito dal possibile arrivo di un attaccante statunitense alle sue spalle, entra in scivolata e, sfortunatamente, devia il pallone nella propria porta, per il più clamoroso e sfortunato degli autogol. 1-0 per gli USA. Lo stadio esplode di gioia, la Colombia intera ammutolisce. Escobar rimane a lungo steso a terra, impietrito. In quel momento una partita di calcio si trasforma in un dramma. Il primo a capirlo è un bimbo, Felipe, il figlio della sorella di Escobar, che dalle gradinate dello stadio dove l'Italia perderà in finale col Brasile, confida alla mamma: "Mami, a Andrés lo ammazzeranno". "Il calcio non è come la Corrida. Qui nessuno muore", fu la risposta esaustiva di mamma Maria Ester. La partita finirà con la vittoria degli statunitensi per due a uno. Ad evitare alla Colombia l'eliminazione dai Mondiali non servirà il risultato della terza e ultima partita poi vinta contro la Svizzera.

mercoledì 18 giugno 2014

Rituzza

A Rita, di Adele Musso

Mi sono fermata ad un passo dal volo.
Non ce l'ho fatta, ci vuole più coraggio a vivere o a morire?
Resto per un instante lungo quanto i miei diciassette anni, a guardare attraverso questo spazio ristretto.
Una strada, i passanti di una città che non conosco. La mia città mi conosceva forse?

mercoledì 4 giugno 2014

Morte di Andrea Cottone

Con quel fango ci dovevamo vedere a mezzogiorno. Gli avevo detto a mezzogiorno - all'American Bar a quell'ora ci sono solo vecchietti. Potevamo persino parlare delle questioni nostre, eppure non si è presentato. Io sono un tipo puntuale e credevo che lo fosse anche lui. Guardo l'orologio, sono le dodici e trentacinque e decido di chiamarlo. E' raro che Andrea porti il cellulare con se, ma io provo lo stesso. Il cellulare l'ha tenuto spento. Magari, nel prendere i suoi figli a scuola ha trovato traffico.
Sono incazzato, siamo amici da una vita e mai una volta in orario. Se non si presenta vado io a cercarlo.

mercoledì 28 maggio 2014

Alla faccia della mafia – vicenda del cantante neomelodico Pino Marchese



Pino Marchese nel cofano della 127 nera
Ma quanto si stava bene quando c'era don Vito, c'era pure il signor conte Cassina - suo grande amico - che era come un cane, ad ogni alzata di zampa pisciava e come niente spuntava un palazzo; era tutto cemento armato e muratori in nero che mettevano piani sopra piani che le montagne dei mandarini e dei limoni non si vedevano più; i padri di famiglia di Borgo Vecchio e di Borgo Nuovo lavoravano tutti, avevano le tasche piene e ringraziavano la mafia che gli faceva mettere le belle fette di carne a tavola.

mercoledì 21 maggio 2014

Pane, cicoria, tumazzo




Montagna dei Cavalli
Un uomo solo è costretto a pensare e a confrontarsi con i suoi pensieri. Si eliminano gli specchi e la solitudine è totalizzante, e il tempo che ti spella ti restituisce un’altra faccia incastrata in un altro corpo. L’anima quella no rimane nera perché il nero è un colore che sta bene con tutto. Il diavolo che intanto se la ride confuso dai versetti sottolineati dovrà sudarsela il gran cornuto.

Bastardi tutti! Una vita da zingaro, ma che volete farci, per la mia famiglia, la mia gente, questo e altro. Mi sento come Pinocchio, anche se io bugie non ne dico, sono in giro per il mondo con il mio libro sottobraccio. Senza quello non mi muovo.

mercoledì 14 maggio 2014

Lettera 35 - I pizzini dello zio Binnu

Il tavolo dove scrive annota e legge il mio maestro è rettangolare. È un piccolo tavolo e mi sono sempre chiesto perché non volerne uno più grande. Forse l'ho capito, lui è uno che vuole stare solo, in silenzio. Solo con se stesso - è un tavolo per uno. 
Quando qualcuno lo guarda con insistenza lui si scoccia e sbatte con rabbia la porticina che fa da sfondo alla complessità della sua mente. Eppure è proprio una brava persona. Lui legge la Bibbia. Lo zio Binnu - è così che si fa chiamare da noi - ha sempre quegli occhiali tondi tondi che gli danno un'aria da intellettuale, ma che dico, da vero e proprio scrittore! Guai a chi tocca la sua macchina da scrivere. 

mercoledì 7 maggio 2014

Attilio Manca: la trattativa Stato-Mafia


Un messaggero, a proposito di Bernardo Provenzano, ha rivelato di una trattativa volta alla consegna del latitante già nel 2003 e poi nel 2004 - questi avrebbe contattato il procuratore nazionale antimafia Vigna per avviare una trattativa: il latitante avrebbe chiesto due milioni di euro da destinare a persona non definita e trenta giorni di protezione prima di entrare in un carcere di suo gradimento; in questi trenta giorni Provenzano avrebbe raccontato fatti di sua conoscenza, a patto che non ci fosse nessun magistrato siciiano. La trattativa non ebbe buon esito, benché i soldi Nicolò Pollari, capo dei servizi segreti, li avrebbe trovati;  si temeva che la terza persona fosse un terrorista; affinchè la trattativa andasse a buon fine il messaggero avrebbe dovuto rivelare il nome della terza persona. E intanto alla Procura Nazionale Antimafia arrivava Pietro Grasso che non riteneva che l'informatore fosse affidabile. La prima visita in Procura Nazionale il messaggero la compie il 10 dicembre 2003, la seconda il 15 luglio 2004. Pietro Grasso chiede una prova del dna del boss (che lui ha in quanto sa che Provenzano è stato operato a Marsiglia), anche un fazzoletto o un bicchiere (del messaggero ne parla il giornalista Sandro Ruotolo che incontra il messaggero che nega l'esistenza di un terzo uomo).
Pietro Grasso commette un errore, afferma che Provenzano fu catturato nel marzo del 2006 e non l'11 aprile 2008 il giorno dopo quelle elezioni vinte dal centrosinistra sebbene per pochi voti di vantaggio e tante polemiche circa brogli elettorali. Secondo Vigna e i suoi due viceprocuratori Cisterna e Macrì, Provenzano con i due milioni voleva dimostrare di essere stato venduto.
Quando il messaggero seppe che avevano catturato Provenzano, esclamò "l'avete venduto".
Quanto ai soldi che dovevano servire per comprare Provenzano, pare che siano stati destinati alla liberazione dei quattro italiani ostaggi di un gruppo di miliziani iracheni autoproclamatosi "Falangi Verdi di Maometto" (Umberto Cupertino, Maurizio Agliana, Salvatore Stefio; il quarto ostaggio, Fabrizio Quattrocchi, fu ucciso. I quattro si trovano in Iraq in quanto mercenari assunti da una società di servizi, al Presidium Corporation).
E misterioso sarebbe un altro suicidio, quello di Francesco Pastoia, suicida in carcere il 28 gennaio del 2005 (alle 06.00 dormiva in branda, alle 06.05 pendeva da una lenzuolo usato a mo' di corda). E' lui ha rivelare dell'intervento subito da Provenzano a Marsiglia.
Francesco Pastoia si sarebbe suicidato perché durante il fermo aveva avuto modo di leggere le intercettazioni ambientali da cui si evinceva come, in tanti anni di operato, lui non era stato rispettoso della figura di Bernardo Provenzano (per esempio avendo compiuto omicidi senza autorizzazione e violando il codice di Cosa Nostra). O forse perché - come pubblicato dalla Gazzetta del Sud - Pastoia risultava aver detto che Provenzano era stato assistito da un urologo durante l'intervento a Marsiglia. 
La vicenda Manca aprirebbe un varco sulla trattativa tra Cosa Nostra e Stato, gli spostamenti di Provenzano dimostrerebbero come lo Stato era in grado di sapere dove si trovasse ma non lo arrestava. 
La verità è che non si deve parlare di tutto ciò che ruota intorno alla latitanza di Bernardo Provenzano. C’è un diktat che parte dalla Direzione nazionale antimafia, dalle istituzioni, dai servizi proprio in merito alla trattativa; Ciancimino junior, per il quale  «tutto il Lazio è stato penetrato dalla mafia», ha detto: «Trattare con la mafia vuol dire arrendersi. La mafia si batte. Trattando, lo Stato ha alzato bandiera bianca». Massimo Ciancimino su 100passijournal

Giorgio D'Amato

mercoledì 30 aprile 2014

Attilio Manca - La prostata di Provenzano

Medici di belle speranze, di Adele Musso

Quarantaquattro anni, un uomo intelligente, professionalmente affermato, una moglie e dei figli, la gioia dei miei genitori. I nonni ringiovaniscono quando hanno bambini tra i piedi, li amano più dei figli stessi. Li vedono poco perché viviamo distante, già la mia professione di medico mi ha portato lontano dalla Sicilia. Sono un luminare della medicina. All’inizio della mia carriera nessuno poteva eguagliarmi, operazioni in via laparoscopica dei tumori alla prostata, tecniche all’avanguardia per quelle malattie che incancreniscono i corpi sani e che si diffondono in silenzio, che resistono anche al denaro. Il mio fiore all’occhiello.

mercoledì 23 aprile 2014

Mafia e pallone: Omicidio Parisi

Mafia e pallone. L'omicidio di Roberto Parisi: 23 febbraio 1985

La data del 23 febbraio 1985, è uno dei tanti pugni allo stomaco che un siciliano onesto abbia mai ricevuto. Quel giorno la cronaca nera racconta di un nuovo omicidio eccellente a Palermo. Alle nove del mattino, un agguato mafioso uccide Roberto Parisi, 54 anni, ingegnere, presidente del Palermo calcio e titolare di “ICEM”, società che ha in mano l'appalto dell'illuminazione pubblica in città. La sequenza dell'attentato è tremenda. Teatro ne è la periferia settentrionale del capoluogo siciliano, lungo la strada che corre parallela alla via dell'aeroporto, nella zona tra Partanna-Mondello e Tommaso Natale. Roberto Parisi a bordo della FIAT 131 guidata dal suo autista Giuseppe Mangano di 38 anni, si dirige verso la sua azienda.

mercoledì 16 aprile 2014

Strage di piazza Scaffa - Mario Prestifilippo - Omicidio Bosio



La strage di piazza Scaffa

"Giovane, muovi il culo e porta altre birre", mi urla quel grassone seduto in fondo. Per terra non ci sono le piastrelle di terracotta come quelle di casa mia, non c'è neanche legno, tufo o brecciolino, solo paglia con terra umida e fredda e sporca, con letame di cavalli, pecore, cani, con foglie e cocci di vetro. Camminiamo su questo. Loro sono maiali stravaccati, con le pance gonfie di birra e scoperte, gli striminziti maglioni di poliestere non ce la fanno a contenerle. Seduti su casse di plastica. Grasse risate si sentono. Il tono dello loro voci è insostenibile. 

mercoledì 9 aprile 2014

Placido Rizzotto - Luciano Liggio - Michele Navarra

Placida terra

Placido Rizzotto
Uscì quella mattina che sentiva ancora il sapore di caffè nella bocca e si leccava le labbra ancora calde della tazzina. E si aggiustò i baffi prima di tirare la sigaretta mattutina. Di lavoro ancora ce n’era e non poteva fermarsi. Certo due orette ancora poteva dormire ma c’era abituato lui a dormire poco. Tutte le aveva passate e la cicatrice sul braccio glielo ricordava ancora. Liberare le terre da quei crucchi bastardi non era stata una passeggiata. E non si fermava perché da liberare c’era ancora la sua di terra. Quella che calpestava sotto coi suoi piedi, che gliela avevano rubata a lui e alla sua gente. I Borboni furono, lui lo sapeva. E quella femmina nera, la draga, valeva più di tutti gli eserciti crucchi che poteva immaginare.

lunedì 7 aprile 2014

Omicido Montana: Morte e funerali di Salvatore Marino

«Cos’è la Chiesa senza il male?»- Leonardo Sciascia.


Ancora ve lo devo dire? Mi chiamo Salvatore Marino sono nato a Palermo, sono dello Sperone. Sono un calciatore, uno bravo. Il mister mi dice segna ed io segno, mi dicono fai questo ed io lo faccio. Sempre ho fatto quello che mi dicevano di fare. Poi viene l'estate e faccio pure le immersioni. 
Senza bombole commissario, lo vede che sono forte, io ho fiato da vendere. Mi chiamano Big Jim come la bambola, il mascolo però.
Ancora? Ma come ve lo devo dire in arabo? Mi chiamo Salvatore, solo a pallone so giocare. I soldi? Me li diedero per fare goal, io a Pinuzzo Greco non lo conosco, io mai gli telefonai per dirgli che il commissario Montana era a mare. 

mercoledì 26 marzo 2014

Omicidio del commissario Montana - Conte Cassina

Stiamo per affrontare questioni non molto piacevoli.
Tipico luglio. Un cane grosso e nero per strada vaga annoiato. Si avvicina ad un viandante. Passa e ‘ddrà, nun  ci rumpiri ‘a minchia. 
(Più in là, oltre l’autostrada e il promontorio, dietro la coltre fitta di buganvillee e alberi di limoni, dietro le mura di una casa non intonacata, dietro la porta della cucina, un polpo. È ancora vivo, un po’ stordito, è stato pescato già da un paio di ore. Una mano abile lo afferra per la testa e lo cala nell’acqua che bolle. La pelle viscida si ustiona, i tentacoli si imbizzarriscono. La mano abile risolleva il polpo e lo immerge un’altra volta. La resistenza è strenue. Alla terza immersione il polpo è ormai morto. Una presa di sale. Coperchio alla pentola che riprende la sua ebollizione.)

martedì 18 marzo 2014

La natività del Caravaggio - Filippo La Rosa - Omicidio Fici


I due "rubagalline" s’intrufolarono nottetempo attraverso una porticina che conduceva direttamente dalla sagrestia all’oratorio. Il giorno avanti avevano fatto un sopralluogo con la scusa della Santa Messa, più di una faccia si era girata quando i due erano entrati nel piccolo luogo sacro. Quello tarchiato aveva un ghigno storto che gli dava un’aria perennemente truce, l’altro alto e squinternato pareva poco portato per l’atto di dolore. Il vecchio lucchetto aveva ceduto subito ed erano riusciti a introdursi all'interno dell’oratorio.

Appena il fioco chiarore di qualche lumino votivo, per il resto il buio si tagliava con il coltello, strumento del quale erano entrambi dotati. Ghigno accese la torcia non dovevano sbagliare, ecco la tela sull’altare maggiore imponente, attorniata da un esercito di sculture candide e vigorose. Dal basso della loro miserabile intelligenza si ritrovarono come animali ipnotizzati, ma fu giusto un istante, la potenza del sublime non trovò varco tra le pieghe lisce dei cervelli abituati soltanto a eseguire ordini.

mercoledì 12 marzo 2014

Omicidio Chinnici

29 luglio 1983

Il silenzio pressava i nostri pensieri bloccati, avevamo la sensazione che una volontà superiore si fosse accanita contro le persone e come furia avesse voluto sfregiare anche la natura intera, ma solo in quell’angolo di mondo, a due passi dall’eleganza di palazzine liberty e curatissime piante centenarie.
Immobili, loro per necessità, noi per stupore e silenzio dei corpi. 

venerdì 28 febbraio 2014

Ad alcuni ero affezionato - Omicidio Rugnetta


C’è chi colleziona orologi, chi vini, chi scalpi. Io colleziono la morte.
Stanno tutte là in fila ben allineate, ermeticamente chiuse, lucide e immobili, ricettacoli e prigioni della vita. Ho speso un fottio di soldi per fare tutto per benino, cuocio, pastorizzo e conservo.
Ho un picciotto che si dedica esclusivamente a questo servizio, dal prelevamento al prodotto finale.
Un procedimento seguito alla perfezione garantisce un risultato ottimale e duraturo nel tempo.
Anche gli squali così hanno sapore di pesce azzurro e la differenza non si avverte al palato.